ll governo non può e non vuole concedere alcuna proroga agli ambulanti delle concessioni su aree pubbliche, in scadenza tra un anno. Né può manifestare la propria disponibilità alla revisione tout court della disciplina in materia, per disapplicare la direttiva Bolkestein. E questo per due motivi:
1) perché vuole evitare l’apertura di una procedura di infrazione, a cura dell’Unione europea, per violazione dei principi contenuti nella direttiva Bolkestein;
2) perché ciò sarebbe non coerente con il generale indirizzo del governo e del parlamento, ribadito nei molteplici interventi normativi di liberalizzazione e di semplificazione, volto ad eliminare le forme di tutela corporativa degli operatori esistenti a favore della libertà d’impresa e dei principi della concorrenza.
Il risultato dell’interrogazione posta ieri dal deputato Pd, Lorenzo Becattini, in commissione attività della camera, non è stato, quindi, quello sperato. E la risposta in via immediata resa dal sottosegretario allo sviluppo economico, Ivan Scalfarotto, non lascia scampo. Certamente non ha aiutato, nel senso auspicato dal parlamentare, la sentenza del 14 luglio scorso della Corte di giustizia Ue, che ha ritenuto non compatibile con il diritto comunitario le proroghe automatiche fino al 2020 delle concessioni in essere di beni demaniali marittimi, lacuali e fluviali per attività turistico ricreative, in assenza di qualsiasi procedura di selezione tra i potenziali candidati.
Del resto la questione non è nuova, ha precisato il Mise. Sin dal dlgs 59/2010 di recepimento della direttiva 2006/123/Ce, ci sono state analoghe richieste presentate sia da parte delle associazioni di categoria interessate, sia di origine parlamentare nelle quali, come nel caso posto, si sosteneva la possibilità di non applicare al commercio su area pubblica, l’art. 12 della citata direttiva (e correlato art. 16 del dlgs 59/2010); con la conseguente possibilità di proroga automatica dei titoli in essere. Tuttavia, ha sottolineato Scalfarotto, la stessa Commissione europea, in risposta a specifici quesiti posti da alcuni stati, si era espressa chiaramente in senso opposto (cfr. per tutte la risposta all’interrogazione scritta 3434/2010). Fermo restando, quindi, che la direttiva non consente di escludere il suolo pubblico dall’applicazione dei principi comunitari, il legislatore nazionale consapevole delle specificità del comparto ha previsto una proroga automatica ed una fase transitoria con decorrenza dal 7 maggio del prossimo anno. C’è stata, pertanto, da parte della Conferenza unificata tra stato, regioni ed enti locali, la volontà di coniugare i principi dell’ordinamento europeo con la necessità di modulare le nuove regole sulla base di una tempistica che consentisse di non determinare conseguenze immediate e dannose sul comparto; e individuando anche criteri in grado di valorizzare l’esperienza degli operatori, riconoscendo un valore significativo all’anzianità di esercizio dei medesimi. Ma ulteriori proroghe sono impensabili anche se a proporle sono le regioni. Soprattutto in considerazione del fatto che nella materia della tutela della concorrenza quest’ultime non hanno alcuna competenza.
Marilisa Bombi (ItaliaOggi del 21/07/2016, estratto da pag. 34)